L’ultimo Naturalismo.
Quando un visitatore percorre le stanze allestite di una galleria, si sofferma di fronte a un’opera, cerca di intepretarne i segni e le oggettività e continua il suo percorso. L’incontro tra questi due estranei, il visitatore e l’artista, richiede tempo e uno sforzo di comprensione notevole. Per capire e interpretare l’opera di Giuseppe Bolzani, ci siamo affidati a molte fonti: le conversazioni con Alessio Tomini, collezionista e antiquario di Mendrisio, che di persona conosceva l’artista, le sue idee e le sue consuetudini; i dipinti e i disegni di studio, in cui leggere errori, esitazioni e cambi di rotta; l’opera grafica di Bolzani, le illustrazioni e i tanti libri a cui ha collaborato; gli scambi epistolari con amici e collezionisti; i saggi critici sul suo lavoro e, non da ultimo, i preziosi reportage fotografici delle sue camminate. Come Fulton anche Bolzani era un artista camminatore, attraversava solitario i boschi del monte S. Giorgio, attratto dal vibrare degli elementi, dal disperdersi della luce e dell’ombra. Fotografava rocce, intrecci di rami e ruscelli; trame astratte e mutevoli che tornano a manifestarsi nei suoi dipinti. Abbiamo deciso di mettere tutti questi materiali a disposizione di chi visiterà la mostra, in modo da stimolare un approccio più libero e personale al suo lavoro. Vorremmo far avvicinare i due “estranei”, senza fornire nessuno schema o percorso di interpretazione, semplicemente raccogliendo in una stanza le testimonianze della sua vivace attività artistica. Non è raro trovare opere in mostra isolate dal proprio contesto e dalla storia dell’autore, con cui il visitatore non può stabilire alcuna relazione empatica. Questa empatia, dal tedesco Einfuhlung, è per noi il primo mezzo di comprensione estetica dell’opera e un obiettivo irrinunciabile della retrospettiva.